ACCETTARE È CREDERE
- rubertelliandrea
- 2 lug 2022
- Tempo di lettura: 1 min
Eccolo, l’oggetto piu classico da sempre associato universalmente alla disabilità.
Un composto di metallo e gomma che inserito in comunità riesce a concentrare l’attenzione di centinaia di sguardi, ed ovunque vada, si privatizza di ogni capacità mimetica.
Adesso è inequivocabile, tuo figlio è in carrozzina, è diverso e tutti lo vedono, a volte impauriti, sempre incuriositi, ogni tanto affascinanti.
Per esperienza posso confermarvi che le accettazioni di chi vive queste realtà così stravolgenti si sviluppano in processi mentali più o meno fisiologici ma in ogni caso naturali.
L’arrivo della carrozzina rappresenta uno di questi inevitabili aspetti, perché ribadisce con prepotenza a noi stessi ed alla società, che tuo figlio perde l’idoneità ad utilizzare strumenti che per la sua età non vengono più costruiti.
Ecco dunque che il “destriero meccanico” si aggiunge a tutti quegli ausili speciali di categoria, che accoppiati a diversità dismorfiche e comportamentali etichettano in tutto e per tutto una condizione di vita inequivocabile.
Non che ci fosse bisogno di questo lussuoso mezzo di trasposto ripiegabile e ultraleggero per farmi capire di non avere propriamente un bambino comune, però credo sia una fase importante della nostra crescita e di chi ha esistenze similari.
Enea resta sempre un’ anima meravigliosa e impavida, anche in sella ai suoi nuovi tubolari blu metallizzati… e personalmente mi ritrovo a descrivere questo momento con la supposizione di chi può affermare che, “laddove finisce la nostra voglia di sperare, inizia quella di credere”,
E non mi riferisco ad una entità divina, ma alla coscienza del fare, con realismo e inflessibile determinazione.

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